PERCORSI NELLE VALLI DEL BEN VIVEREGrottaminarda

Situato all’imbocco della media valle dell’Ufita, ai margini dei ridossi collinari Catauro e Tanauro, l’abitato di Grottaminarda sorge lungo un importante snodo viario, che fin dall’antichità ha permesso il passaggio dal Tirreno all’Adriatico in un primo tempo grazie alla via Appia e successivamente alla strada nazionale delle Puglie. Numerose sono state finora le scoperte archeologiche avvenute nel suo territorio e tali da attestarne la frequentazione da parte di gruppi umani fin dalla preistoria. La zona rientrava in epoca romana nella giurisdizione della vicina colonia di Aeclanum (odierno Passo di Mirabella). Ritrovamenti di materiale fittile architettonico, di iscrizioni funerarie e celebrative, di insediamenti rustici sono avvenuti in doverse località del comune e soprattutto sulle colline di Sant’Andrea di Carpignano,a Bosco e in contrada Ruvitiello nei pressi del fiume Ufita. Il toponimo risulta essere un composto di grotta e di un secondo termine, Mainarda o Minarda, rimasto tutt’oggi di incerto significato, anche se alcuni studiosi, come Carla Marcato, ipotizzano una derivazione dal nome di persona Maynardus di origine germanica. La località viene citata per la prima come Cripta in un atto datato 991, mentre la specificazione Minarda risulta da documenti redatti agli inizi del XIII secolo. Tra i primi signori ad essere investiti del feudo i documenti ricordano Trogisio, cavaliere normanno giunto al seguito di Roberto il Guiscardo. Ben presto però il paese entrò a far parte dei possedimenti della potente famiglia d’Aquino, alla cui casata appartenne dal 1134 al 1531 attraverso l’avvicendamento dei nobili avi e discendenti di San Tommaso d’Aquino, figlio di Andrea feudatario di Grottaminarda dal 1244 al 1259. L’avversione di Ladislao II d’Aquino per gli spagnoli determinò la perdita del feudo tolto alla famiglia da Carlo V, alla conclusione delle vicende belliche tra Francia e Spagna. Nel 1532 il paese venne assegnato ai francesi de Rupt, da cui l’ebbero successivamente i Loffredo. Sul finire del XVI secolo i Cosso, duchi di Sant’Agata dei Goti, acquistarono la proprietà feudale, che giunse nel 1627 nelle mani di Fulvio della Cornea, morto poco più tardi senza lasciare eredi diretti, per cui il territorio passò sotto la giurisdizione diretta del Fisco Regio. La storia del Seicento si apre con i moti popolari capeggiati da Masaniello: i grottesi parteciparono all’assedio della vicina Ariano dove si erano rifugiati gran parte dei feudatari irpini. Dopo quattro giorni di combattimenti la città fu espugnata e molti signori furono giustiziati. La rivolta fu repressa alcuni mesi doposia con la codanna dei responsabili dei tumulti popolari, sia con una dura repressione fiscale che mise in ginocchio la già debole condizione economica della zona. Contribuì ad aggravare la peste scoppiata nel 1656: oltre un migliaio furono le morti dovute al terribile contagio. Nel decennio successivo, anche in seguito alla disperazione causata da una forte richiesta di tributi da parte del governo spagnolo, diversi gruppi armati di briganti stabilirono il loro quartiere generale nelle campagne di Grottaminarda: i banditi erano specializzati nel sequestro di persona lungo la via che da Napoli portava in Puglia. Nel 1698 il feudo fu venduto dal fisco ai Della Porta. Gli ultimi signori del luogo fino all’anno dell’abolizione dei diritti feudali (1806) furono Baldassarre e Raffaele Coscia di Paduli.

PERCORSI NELLE VALLI DEL BEN VIVERELuoghi di Interesse

Chiesa di Santa Maria Maggiore

A pochi metri dal castello vi è la monumentale Chiesa di Santa Maria Maggiore, edificata per la prima volta nel 1478, ricostruita nella seconda metà del XVIII secolo e restaurata nel 1995. Particolarmente imponente la facciata con portale in pietra ornato in stile barocco, un frontone triangolare spezzato, un finestrone a campana con due nicchie laterali e un oculo posto superiormente. L’interno, a navata univa, con diverse cappelle laterali conserva numerose opere d’arte. Fra queste, un dipinto raffigurante San Tommaso e San Giacomo che venerano il Santissimo Sacramento opera di Antonio Sarnelli, l’affresco della volta della navata rappresentante l’Assunta, eseguito nel 1768 da Matte Vigilante, un prezioso dipinto su legno del 1573 con la Madonna del Rosario, ostensori in argento della metà del XVIII secolo, un calice in ora di scuola napoletana del 1833, un organo a canne della seconda metà del XVIII secolo e il battistero in marmo. Accanto alla fabbrica è la torre campanaria costruita tra il 1766 e il 1772 su disegno del Vanvitelli. Sopra l’ingresso che conduce al’interno della torre, che si eleva su quattro ordini e in cui si trova ancora l’originaria scala elicoidale in pietra, sono collocate parti del monumento funerario in marmo realizzato nella prima metà del XVII secolo da Francesco Vannelli e raffigurante l’arciprete Giovanni De Bellucis.

Santuario di Carpignano

Un luogo di culto molto frequentato è il Santuario di Carpignano, costruito sull’area di un’antica cappella dell’Ordine teutonico. La chiesa, a navata unica, ha la facciata a capanna semplice con affiancata la torre campanaria su cinque livelli con orologio civico. All’interno del tempio viene conservato il prezioso dipinto su tavola raffigurante La vergine con il bambino e risalente forse alla metà del XII secolo. Alla chiesa è affiancato il Convento dei Mercedari edificato agli inizi del Novecento e il cui ingresso è preceduto da una ben conservata statua in marmo di età romana proveniente dagli scavi dell’antica Aeclanum.

Castello D’Aquino

Il centro antico del paese, compreso urbanisticamente tra l’odierno rione Fratta e via Minichiello, corso Vittorio Emanuele e via Cancello, è dominato dal Castello d’Aquino, oggi di proprietà comunale. La fortezza, il cui impianto originale risale con molta probabilità all’epoca altomedievale, fu ampliata intorno all’XI secolo, quando fu creata anche una cinta muraria difensiva intorno all’abitato. La fabbrica mostra ancora alcuni tratti della cortina muraria antica in opera listata con paramenti sterni formati da filari di laterizi alternati a specchi di ciottoli fluviali legati senza l’ausilio di malta cementizia. Una torre cilindrica e una torre a pianta quadrata, alte circa 14 metri con diametro poco superiore ai 10 metri, si ergono agli angoli del lato occidentale del maniero, mentre altre due torri delle stesse dimensioni, di cui la prima cilindrica e la seconda a pianta esagonale, sono visibili sulla facciata che guarda il nucleo urbano antico. Sia nelle torri che nelle cortine murarie interposte, in alcuni tratti con merlatura evidente e contrafforti di base, si conservano ancora camminamenti e suggestivi sotterranei.

Chiesa di San Michele Arcangelo

La Chiesa di San Michele Arcangelo è tra le più antiche del circondario, in quanto è citata già in alcuni documenti datati 1178. La facciata è a semplice capanna con portale in pietra del 1541. All’interno, a navata unica, si conserva una statua lignea settecentesca raffigurante San Michele che uccide il diavolo. Notevole la Chiesa di San Tommaso, in via Cancello, in cui si conservano u busto seicentesco del santo in rame e argento e un prezioso reliquiario in argento del 1794.